Veterinario con esperienza trentennale nello studio, il monitoraggio e la gestione dell’orso marsicano, ha accettato di rispondere a qualche domanda sull’annosa vicenda degli orsi trentini, in special modo quelli prigionieri al Casteller.
Riguardo agli orsi marsicani, una realtà che conosci bene, sono mai esistiti orsi “problematici” come quelli trentini? Come si sono gestite eventuali criticità?
C’è una differenza sostanziale nella definizione di “problematico” tra orsi marsicani e trentini. In Appennino viene definito problematico l’orso che sviluppa abitudini alimentari in ambito urbano, o predatorio nei confronti di animali domestici, per lo più animali da cortile o apiari, ma mai si sono registrati attacchi a esseri umani. Nel primo caso sono stati posti una serie di accorgimenti, anche forti, quale lo sparo con proiettili di gomma. Le predazioni di bestiame domestico vengono indennizzate dagli enti parco celermente e congruamente, in taluni casi viene addirittura restituito il capo predato.
Gli esperti concordano che gli orsi trentini prigionieri al Casteller, specie M49 e M57, non avrebbero difficoltà a ritornare in natura se fossero rilasciati. Più complessa invece la questione di DJ3 che è detenuta da circa 10 anni. Cosa ne pensi?
Concordo pienamente con gli esperti che ritengono che la reimmissione allo stato libero degli orsi detenuti al casteller sia possibile, aggiungo che anche il rilascio di DJ3 possa incontrare esito favorevole, purché effettuato in primavera , in modo da dare all’orsa la possibilità di trovare cibo facilmente e di ripercorrere il territorio al fine di individuare il sito per la prossima ibernazione, facendo ricorso alla proverbiale memoria di specie, a cui l’orso deve buona parte del successo evolutivo.
Il problema vero non è la liberazione degli orsi in natura, ma il fatto che siano stati imprigionati perché considerati confidenti – pericolosi. Con questa premessa, nessun amministratore pubblico si prenderebbe la responsabilità di liberarli. Ritieni realistico che ISPRA possa dare il suo benestare alla liberazione?
Credo che ci sia un problema di fondo in fase progettuale rispetto alla reintroduzione – ripopolamento dell’orso in Trentino. Ciò che convenzionalmente viene definito problematico, confidente o pericoloso, non è altro che il risultato della percezione antropocentrica del normale comportamento che alcuni soggetti sviluppano all’interno di una popolazione. Tali comportamenti si registrano in tutti gli areali popolati da orsi, dai Balcani ai paesi nordici, solo per rimanere in ambito europeo, ed appartengono all’etologia della specie. Che ciò potesse accadere andava comunicato ai residenti in una fase preliminare del progetto, in particolare tra le categorie particolarmente coinvolte, attraverso elementi di verifica della volontà popolare. Credo che ISPRA disponga di dati e professionalità in grado di richiamare il potere decisionale al rispetto delle condizioni di benessere animale degli orsi detenuti e della volontà di migliaia di italiani, che a pieno titolo rivendicano il diritto di esprimersi rispetto a un bene acquistato con fondi pubblici.
Gli orsi M49 e M57 sono stati evidentemente “rovinati dall’uomo”, che li ha abituati a trovare cibo facile: M49 pare addirittura fosse adescato regolarmente con del latte da un malgaro, come ha dichiarato l’ex veterinario provinciale che seguiva gli orsi, mentre M57 era ormai abituato da tempo a rovistare nei cassonetti della spazzatura. Non pensi che questi due orsi, se liberati, riprenderebbero le stesse abitudini ricreando gli stessi problemi che li hanno portati alla prigionia?
Certamente l’alimentazione artificiale ha condizionato negativamente le abitudini alimentari dei tre orsi detenuti, rispetto alla disponibilità di cibi facili e accessibili. Parimenti, l’esperienza negativa di sistemi dissuasivi semi cruenti (pallettoni di gomma) produrrebbe un meccanismo inverso in grado di allontanare gli orsi dalle abitudini alimentari assunte. Tale metodica presuppone l’applicazione di radiocollare e l’intervento di personale qualificato, con costi certamente inferiori a quelli attualmente impiegati per il funzionamento della struttura Casteller.
Qualcuno sostiene che gli orsi problematici, come quelli prigionieri al Casteller, potrebbero essere “liberati in quota” o “traslocati” in una zona lontana: ma è una idea realistica in un microscopico territorio come quello trentino, largo solo 150 km, una distanza che un orso può percorrere in pochi giorni? Oltretutto l’orso non vive in alta quota ma prevalentemente nei boschi e nelle radure. Non pensi che in pochissimo tempo tornerebbero negli stessi luoghi dove sono stati catturati?
Sempre facendo ricorso alla proverbiale memoria, credo che gli orsi una volta liberati, anche nell’ambito di regioni limitrofe, in particolar modo gli individui di sesso maschile, abituati a una home range molto ampia, sicuramente rientrerebbero in tempi più o meno brevi, nei territori abituali. La eventuale dislocazione dovrebbe avvenire in aree molto distanti, idonei alla sopravvivenza della specie, minimizzando il conflitto con gli eventuali orsi occupanti.
Si invocano spesso i corridoi ecologici, ma abbiamo visto che quando M49 è arrivato fortuitamente nel trentino orientale (unico esemplare) con le due famose evasioni dal Casteller, si è scatenata quasi una rivolta popolare, con alcuni allevatori che hanno fatto addirittura la sceneggiata dell’abbandono degli alpeggi. A che servono i corridoi ecologici se poi la gente gli orsi non li vuole?
Si ripropone il peccato originale nella stesura del progetto di reintroduzione; se oggi la politica locale investe nel potenziamento delle produzioni zootecniche di montagna e nel turismo di massa, necessariamente vede nell’orso un ostacolo allo sviluppo di tali settori, in totale antitesi dell’esperienza appenninica, che vede l’orso fare da trainer per una infinità di attività produttive. La popolazione di orsi trentini, contrariamente a quella marsicana, gode di una notevole variabilità genetica, che ne condiziona in positivo il potenziale riproduttivo; sarà inevitabile l’incremento numerico negli anni a venire, almeno fintanto che l’appiattimento genetico (eventuale e poco probabile) non ne sia causa di decremento, sempreché non si verifichino introgressioni attraverso il corridoio friulano-sloveno , attualmente percorso da pochi soggetti di sesso maschile.
Ti eri offerto per fare una visita veterinaria agli orsi rinchiusi al Casteller, visto che le notizie sono poche e incerte, sia sul loro stato di salute che sulle condizioni di detenzione. La proposta è ancora valida ed è stata formalizzata? Se sì, con quale risposta da parte della Provincia di Trento?
La proposta di far visitare gli orsi detenuti da parte di figure terze, avanzata da una Associazione animalista operante sul territorio trentino, per quanto mi riguarda è sempre valida, ma come ho avuto ragione di credere, non è stata presa in considerazione. Per motivi di carattere professionale, sono abituato alla compilazione di check list finalizzate alla valutazione del benessere animale, calibrate per specie. Facendo ricorso al massimo della onestà intellettuale, in modo asettico, ne avrei compilata una in grado di valutare lo stato degli orsi detenuti, da sottoporre eventualmente alle autorità competenti, qualora fossero state ravvisate condizioni di maltrattamento.
Cosa pensi dell’ipotesi di spostare gli orsi del Casteller all’estero nelle aree faunistiche in Romania o Bulgaria? Considerati gli spazi disponibili, e la vicinanza forzata di altri orsi nati spesso in cattività, non si corre il rischio di spostare solo il problema degli orsi altrove, cioè da una gabbia all’altra, e infliggere agli animali ulteriori stress?
Non condivido affatto la possibilità di dislocare gli orsi in Bulgaria, in una specie di Casteller bulgaro, servirebbe solo a lavare le coscienze dei carcerieri e sarebbe motivo di ulteriore stress e disagio. A mio avviso, l’unica soluzione percorribile, oltre alla liberazione, sarebbe il ritorno in terra di origine (Slovenia) facilitata dalla brevità della distanza e dalla capacità gestionale dei ricercatori sloveni.
Premesso che nessun recinto sarà mai abbastanza grande per un orso, quale superficie potrebbe essere forse “accettabile” per questa specie? O sei anche tu dell’idea che sarebbe preferibile l’abbattimento alla cattività?
Non ci sono spazi confinati accettabili per le esigenze di uno o più orsi; concordo con l’abbattimento, in alternativa alle attuali misere condizioni di mantenimento.
Secondo alcuni il Pacobace, il protocollo di gestione degli orsi, andrebbe riformato e aggiornato anche alla luce delle esperienze recenti. Abbiamo visto spesso forzature e “interpretazioni” disinvolte del protocollo di gestione da parte della Provincia di Trento, col pretesto dell’Autonomia speciale e di una presunta pericolosità degli orsi. Chi dovrebbe riformare il Pacobace e poi farlo rispettare?
Credo che il Ministero dell’Ambiente sia stato troppo permissivo rispetto alla invocata autonomia gestionale della provincia di Trento. Il benessere animale è condizione imprescindibile, indipendentemente da chi deve farlo rispettare; il fatto che l’ispezione sia stata effettuata da funzionari della CITES e non da veterinari, è sintomatico della volontà di non intervenire di autorità. Il PACOBACE nel caso di specie ha mostrato i propri limiti riguardo alla gestione dei cosiddetti orsi problematici. A tal proposito, da quanto ho potuto apprendere dalla stampa, mi pare di capire che tutti gli episodi (pochi) di contatti uomo-orso siano caratterizzati da dinamiche e comportamenti poco chiari o addirittura invasivi; per esperienza personale, pluridecennale, caratterizzata da un alto numero di incontri con orsi, ho sempre adottato un comportamento ispirato alla calma e moderazione e non ho mai registrato criticità o atteggiamenti di ostilità, anzi, nella grande maggioranza dei casi, l’orso si è allontanato spontaneamente.
Cosa rispondi a chi in Trentino sostiene che gli orsi sono troppi?
Il termine “troppo” non può essere considerato un valore assoluto, ma necessariamente rapportato a una superficie o a una aspettativa; se rapportato alla superficie disponibile e a quella di espansione, sicuramente no, se rapportato all’idea che dovesse fungere da fenomeno attrattivo, rivelatosi successivamente impedimento, è troppo anche un solo esemplare.
Puoi spiegare come funziona la dispersione degli orsi e perché le femmine trentine in 20 anni non sono mai uscite dal territorio trentino?
La mancata dispersione degli orsi in Trentino, come in tutte le aree di presenza, è dovuta essenzialmente alla marcata filopatria delle femmine, che tendono ad occupare home ranges più limitati dei maschi, ubicati nelle aree più centrali dell’areale di popolazione. Tale comportamento risulta protettivo nei confronti dei cuccioli, che come è noto, vengono uccisi dai maschi adulti, che occupano preferibilmente gli areali periferici.
Ti sei fatto una idea di come si potrebbe risolvere la questione degli orsi prigionieri al Casteller, posto che la Provincia ha più volte ribadito che non saranno mai liberati?
Vorrei risponderti per quello che credo possa essere la soluzione, ma rischierei di essere accusato di sobillazione di masse.