La Città di Ghiaccio

Leo Handl, tenente e ingegnere dell’esercito austroungarico, era di pattuglia sul ghiacciaio della Marmolada quando lui e i suoi compagni furono investiti dal fuoco nemico. Si salvarono buttandosi in un crepaccio. Si resero allora conto che questo permetteva di inoltrarsi verso le linee nemiche rimanendo al coperto. Dopo qualche ora di perlustrazioni, cessato il pericolo, uscirono dal provvisorio rifugio e rientrarono al loro accampamento.

Pattuglia in perlustrazione tra i seracchi

L’episodio suggerì a Handl un progetto audace: scavare nelle viscere del ghiacciaio una serie di gallerie per riparare i soldati non solo dal fuoco nemico ma anche dal freddo, dalla neve e dalle valanghe. Sì consultò quindi con eminenti glaciologi come Bruchner e Finterwalder, ma la risposta fu che non era mai stato fatto nulla di simile nei ghiacciai. Grazie però al suo capo-cordata, un certo Weger della Val di Non, esperto di scavi avendo lavorato a lungo in miniera, riuscì a costruire trapani, piccozze e altro materiale utile per lo scavo. Fu così che nacque la mitica “Città di Ghiaccio”.

Reparto austriaco mentre lascia la Città di Ghiaccio per un turno di riposo

Poco per volta fu creato un imponente sistema di gallerie con stanze, depositi, dormitori, cucine, persino una cappella. Due uomini per galleria si davano il turno ogni due ore, si procedeva faticosamente per circa sei metri al giorno, ampliando man mano la rete di cunicoli. Talvolta per velocizzare lo scavo si usò l’esplosivo, che però si rivelò poco efficace, anche per la notevole quantità di fumi tossici che finiva per intasare a lungo le gallerie.

Lo sviluppo complessivo della Città di Ghiaccio raggiunse i 12 chilometri, arrivando ad ospitare 300 soldati. Per un periodo, fu addirittura illuminata dalla corrente elettrica proveniente da una centrale a vapore a Canazei. I viveri erano conservati senza problemi in ghiacciaie scavate appositamente, l’acqua era fornita dal semplice scioglimento delle nevi. I rifornimenti arrivavano in quota trasportati da un sistema di teleferiche da Pian Trevisàn, quasi 1000 metri di dislivello più in basso.

Una mia foto recente al Col de Bousc confrontata con una foto d’epoca: qui a 2400 metri di quota arrivava la teleferica proveniente dal Pian Trevisàn. Un altro tronco ripartiva per rifornire la Città di Ghiaccio in alta quota

La vita sotto il ghiaccio permetteva di stare al riparo dal fuoco nemico ed evitare le rigidissime temperature esterne, che in inverno ad oltre 3000 metri potevano raggiungere anche i 30 gradi sottozero. Nelle gallerie di ghiaccio invece la temperatura era relativamente mite, compresa tra 0 e 5° centigradi.

Non tutto però era così positivo: ad esempio, nonostante la “Città” fosse collegata con l’esterno da un ingegnoso sistema di ventilazione, il fumo delle stufe nelle baracche, raffreddandosi, tornava indietro per il tiraggio insufficiente, trasformando l’aria delle grotte quasi irrespirabile. Anche la grande umidità, soprattutto d’estate, rendeva malsana la vita dei soldati, obbligati a vivere sotto la spessa coltre di ghiaccio a profondità che a volte raggiungevano anche i 50 metri. Inoltre i baraccamenti e le grotte dovevano essere continuamente modificati a causa del movimento lento ma incessante del ghiacciaio, che stritolava tutto come una immane e potentissima morsa. La costruzione della “Città di Ghiaccio” di Leo Handl fu nel complesso una geniale invenzione, unica nel suo genere, che risparmiò la vita di molti soldati e che passò alla storia dell’ingegneria militare.

Planimetria Città di Ghiaccio
Planimetria della Città di Ghiaccio

Le artiglierie cessarono il fuoco sulla Marmolada nel novembre del 1917, quando le truppe italiane si ritirarono in seguito alla rotta di Caporetto, con lo spostamento del fronte dalle Dolomiti al Piave. La Città di Ghiaccio fu abbandonata. Probabilmente già nei primi anni ’20 non esisteva più a causa del movimento del ghiacciaio. Ancor oggi, col ritiro del ghiacciaio, riemergono ogni tanto alla superficie i resti dei baraccamenti dopo un secolo di oblio. Si tratta perlopiù del legno della baracche, palerie, carta catramata, pezzi di indumenti, resti di attrezzi, cavi, munizioni, schegge, varia ferraglia e qualche rara suppellettile.

Ricostruzione virtuale della Città di Ghiaccio

Mi sono basato sulle carte dell’epoca e della documentazione che ho trovato online, per la verità piuttosto scarsa. Con Google Earth, sovrapponendo la cartografia storica al modello 3D, ho provato a ricostruire la posizione delle gallerie sotto il ghiacciaio. Ho quindi tracciato il loro sviluppo sul versante nord della Marmolada. Esse iniziavano da quota 2600 metri circa, e si dirigevano verso Cima Dodici e Cima Undici. Due rami raggiungevano le alte quote a 3000 metri: uno poco sotto Cima Rocca m 3250 (con una galleria con salita elicoidale!), l’altra verso la strategica Forcella a Vu a quota 3065, vicino alla Forcella Serauta m 2857 presidiata dagli italiani. La ricostruzione che ho fatto è probabilmente tutt’altro che perfetta, ma credo offra una buona approssimazione per comprendere come si sviluppava la Città di Ghiaccio sulla Marmolada e quali erano le posizioni degli eserciti sul territorio. Se riscontrate inesattezze o errori, segnalate nei commenti 🙂

Risorse

Marmolada versante nord dal Col de Bousc m 2494

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