Ravanage, un’arte perduta
Il ravanage si ispira alla figura leggendaria di Monsieur De Ravanage, geografo di origini francesi precursore dell’escursionismo moderno. Egli girovagò in lungo e in largo per buona parte dell’arco alpino, finché un sabato pomeriggio di un lontano febbraio del 1885 scomparve durante una tormenta di neve. La sua ultima frase fu: “Esco un attimo a comprare le sigarette”. Il suo cadavere ibernato fu ritrovato 75 anni dopo, inspiegabilmente, sul versante meridionale della Brenva (Monte Bianco). Furono recuperati anche i suoi scritti, perfettamente conservati a 4200 metri di quota dentro ad una truna (cunicolo di neve). In attesa di interpretare correttamente il suo pensiero, per la verità piuttosto confuso, gli studiosi stanno raccogliendo ulteriore materiale per la stesura definitiva delle regole di questa originale disciplina sportivo-filosofica.
Ravanage, una filosofia di vita
Il ravanage è una pratica sportiva o, per meglio dire, una filosofia di vita, legata strettamente con l’escursionismo, di cui è una variante per taluni fondamentale e anzi irrinunciabile. Consiste grosso modo nel “girovagare per le montagne al di fuori dei sentieri, deliberatamente o involontariamente, quasi sempre in situazioni impreviste e variamente difficoltose”. Una delle frasi tipiche è: “Tagliamo di qui che facciamo prima”. Cosa che in realtà non accade quasi mai e che implica invece:
- perdita parziale o totale dell’orientamento
- prolungamento abnorme del percorso inizialmente previsto
- infognamento in mugaie o boscaglie di ontani su terreni impervi che implicano dislivelli e fatiche immani
- gravi sofferenze fisiche e morali, prossime allo sfinimento
- rientro alla base per il rotto della cuffia, col buio incombente o addirittura a notte fonda.
Un grande classico: “Tagliamo di qui che facciamo prima…”
Profilo psico-patologico del ravanatore
Secondo accreditati studi clinici il ravanage è, probabilmente, una forma larvata di masochismo per cui il soggetto, sostanzialmente un disadattato, o un esaltato, non sceglie mai il percorso più semplice e sicuro ma quello poco o per niente conosciuto, con un’attrazione morbosa verso l’ignoto e, più in generale, verso “i casini”. Curiosamente, sembra una patologia tipicamente maschile. Chi ne è affetto, spesso uno pseudo maschio-alfa, tende a trascinare con sé altri sciagurati. Gli imprevidenti che si fidano di lui, amici, mogli, fidanzate, sono così coinvolti in spaventose escursioni-calvario. La pratica del ravanage può indurre alla fine precoce di amicizie, fidanzamenti, matrimoni. Per i maschi vale tuttavia il motto: una donna che ravana, è una donna che ti ama. Nei soggetti predisposti, il ravanage può essere contagioso.
Ravanage e derivati
Il termine “ravanage” si è diffuso in Italia per la prima volta verso la metà degli anni ’90, agli albori di internet, nel newsgroup it.sport.montagna che riuniva molti appassionati di montagna. Dal termine ravanage deriva quindi il verbo ravanare, ravanaggio e soprattutto ravanata, a significare un’escursione particolarmente movimentata, tipicamente quella che “si sa come comincia ma non come finisce”.
La ravanata perfetta
E’ quella in cui sono coinvolti soggetti femminili, ad aggravare ulteriormente la situazione già difficile con lamentele varie, accuse, imprecazioni, recriminazioni, offese.
“Ravaner” quindi è colui che pratica, più o meno consapevolmente, il ravanage. La ravanata non deve necessariamente concludersi con una disgrazia: anzi il ravanage più riuscito è quello a lieto fine, cioè l’arrivo a destinazione sfiniti (quasi sempre alla macchina rimasta in tanta mona) ma sostanzialmente incolumi o, al massimo, con escoriazioni o ferite leggere che non comportino il ricovero ospedaliero. Sono le ravanate più riuscite che i ravaners, incalliti o occasionali, si appuntano al petto come medaglie, struggente ricordo nelle lunghe e tetre serate invernali.
Il Ravasutra
Il ravanage in realtà si pratica in ogni stagione: quello invernale con gli sci, da alpinismo o da escursionismo, o con le ciaspole, prevede una serie di figure, cioè cadute più o meno rovinose, che stiamo raccogliendo in un manuale illustrato: il Ravasutra. Chi avesse documentazione fotografica valida in questo senso è pregato di inviarla a: aghezz@gmail.com. Di seguito alcuni esempi:
Una figura classica del Ravasutra: il fantozziano “pelle di leone” (foto Uli)
Si sta tentando anche una classificazione del ravanage coi vari gradi di difficoltà, come per l’alpinismo e l’escursionismo.
1) REF – Ravanage Escursionistico Facile
Ravanata semplice prevalentemente fuori sentiero, con poco dislivello, ma dove si devono attraversare cespugli spinosi (praticamente impossibile l’aggiramento pena un innalzamento di grado)
Variante scialpinistica: attraversamento di boschetti di ontani o mugaie, con neve preferibilmente marcia o crostosa
2) REM – Ravanage Escursionistico Medio
Percorso completamente fuori sentiero, con discreti casini nell’orientamento, notevole dislivello involontario, sterpaglia spinosa fitta o ghiaione del tipo “un passo avanti e due indietro” ovviamente da fare in salita, pioggia fastidiosa, nebbia in formazione. Variante scialpinistica: nevicata fastidiosa di aghi ghiacciati, mugaie, scarsa visibilità, neve crostosa, marcia o zoccolifera
3) REC – Ravanage Escursionistico Cazzuto
Percorso fuori sentiero e fuori orientamento, con svariati andirivieni inconcludenti da un versante all’altro, con severo dislivello (involontario beninteso), preferibilmente in boscaglia con sterpaglia spinosa e su pendio scosceso; uno scarpone che fa male, pioggia battente, visibiltà ridotta, discreto assortimento di bestemmie.
Variante scialpinistica: fitta nevicata, visibilità ridotta, neve crostosa o farinosa pesante, marcia o zoccolifera, sfinimento fisico e morale tendente alla disperazione, tuttavia ben dissimulata nei confronti dei compagni con falsa allegria e battute cretine.
4) REI – Ravanage Escursionistico da Incubo
Percorso con perdita quasi totale dell’orientamento in boscaglia più o meno impenetrabbbile, o in forra profondissima e a precipizio, preferibilmente con pericolo di valanga se in inverno, scarponi che fanno male, perdita o rottura di almeno un bastoncino, buio incombente, bestemmioni paurosi, crisi di pianto. Dislivello di almeno 1600 m.
Variante scialpinistica: distacco di una pelle di foca, male boia ai piedi con perdita di almeno un’unghia, attacco che si sgancia ogni 10 minuti, zoccoli “a zatterone” sotto a entrambi gli sci. Perdita dei guanti. Riso isterico. Cellulare con campo ma con batterie scariche.
5) RES – Ravange Escursionistico da Suicidio
Percorso surreale senza alcuna logica apparente, in boscaglia tipo jungla amazzonica spinosa o urticante su versante pericolosissimo, forra o canyon a picco senza vie d’uscita, preferibilmente al buio con pile della luce frontale scariche, senza acqua né viveri, dolori lancinanti ai piedi, perdita di entrambe le unghie degli alluci dei piedi, bivacco forzato incombente, tempesta o bufera. Crisi di pianto a dirotto, allucinazioni, visione mistiche. Dislivello: ininfluente o non misurabile.
Variante scialpinistica: perdita di entrambe le pelli di foca, un bastoncino spezzato o perduto, principio di congelamento agli arti inferiori e al naso. Voglia di lasciarsi andare. Cellulare con sufficiente batteria ma assenza totale del segnale.
Avete esperienze di altre forme di ravanage? Segnalatecele!
Veramente interessanti queste proposte di viaggio.
La figura leggendaria, poi, di Monsieur De Ravanage, geografo, è veramente affascinante. Anche perchè già il suo sguardo sa indicare il giusto cammino per districarsi in montagna.
Il vecchio Proust diceva all’incirca: “”Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
Chissà perchè, ricordando questa massima, mi è subito venuto in mente il De Ravanage. Chissà…
“Comunque, guardiamo avanti, diceva il geografo, Avanti sempre così! E che Dio ce la mandi buona!”
E poi non si è più trovato…. 😉
Nessuno può dire di aver ravanato se non ha tentato la salita a Punta Ciula CN seguendo le perfette e chiarissime indicazioni di Parodi iscritte col sangue su uno dei suoi illuminanti libri.
praticato con grandi soddisfazioni per anni …..sino al limite estremo ora mi limito al pimo livello……ho pochi amici
Grazie. Perchè per anni i miei amici mi hanno presa in giro per le mie “scorciatoie”, le mie “venite di qua che siamo quasi arrivati”, “tagliamo di qua, vedo già la mèta”. Ovviamente con attraversamenti cespugliosi improbabili, pietraie, guadi, precipizi e boschi verticali. Ma oggi, ecco la rivincita morale: la mia patologia è in realtà una tecnica: il “ravanage”. Confortata nello spirito posso persistere nella mia indole. Profondamente e sentitamente, grazie.
Dopo decenni di escursionismo, il primo esperienza ravanage, di difficile classificazione: scendendo dalla Longoni fine giugno, essendo presto, abbiamo visto un sentiero, su km pass attempata, che portava verso il sentiero del passo del Muretto, in teoria…in pratica è una traccia, che fra mugheti, cascate da discendere, pietraie, ti fa morire se non porti almeno un litro extra d’acqua a testa. Da dimenticare.
Sono sempre stato un ravaner del Lagorai e non lo sapevo! ?
Spettacolare. Sono esperto di ravanate sempre con risultati positivi : mi hanno lasciato le fidanzate che ho portato in gita.
Ottimo articolo!
Un trekking di tre giorni in solitaria nella Tierra del Fuego senza neanche una cartina decente penso mi qualifichi come esperta della disciplina. L’essere recuperata da un elicottero sull’Appennino tosco-emiliano, probabilmente vale come diploma!?
PS Il ravanage si può praticare anche al mare, garantisco!!!
Manca un ravanage di gruppo che ho fatto io in val d’Aosta improvvisandomi guida di una trentina di persone sicuro che i sentieri segnati sulle carte fossero praticabili. Finita bene perché oltre i prati di erba alta un metro in discesa non c’erano i dirupi.
temo di aver sposato un “ravaner”…
come non riconoscersi!….e comunque, se non hai passato almeno i gradi basic del ravanage, in molti posti al mondo, in primis gli appennini, non sei abilitato alla pratica dello scialpinismo!!!
mancano i boy scout
Chi non ha mai ravanato scagli la prima …. beh, quel che avete a portata di mano.
Esiste anche il RESC Ravanage Escursionistico Scientifico. Consiste nell usare vecchie carte “per vedere se il sentiero c’è ancora”. Conosco un vero professionista del genere. Ho imprecato, ma, giuro, non ho MAI pianto, pur avendo conosciuto la sensazione di sfinimento tipo ritirata di Russia
Finalmente un sito che valorizza una disciplina più praticata di quanto si immagini, eppure poco curata dai media. Pratico da anni il ravanage assieme ad un amico (Angelo – Gelo) e in qualche modo non siamo più degli apprendisti. Personalmente ho lasciato tracce del mio sangue su quasi tutte le Alpi centrali. Fotografie di performances ravanage sono disponibili su richiesta.
Mi sento di dare un contributo anche all’inquadramento filosofico-esistenziale del ravaner. In queste persone credo ci sia una sorta di talento tenuto nascosto, una sottile capacità di prendere le iniziative sbagliate nei momenti sbagliati. Quando propongono agli altri del gruppo una deviazione sconsiderata o comunque un tracciato che non promette nulla di buono, esprimono forte convinzione nel perorare la loro proposta ai compagni giustamente perplessi. Dentro di loro, però, i ravaner sentono che stanno per imbarcare il gruppo in una impresa rovinosa e stolida; ma è proprio questo che li attira, il senso della sfida verso le peggiori xxxate che sono in grado di immaginare. E naturalmente perdono la sfida, sempre.
Pratico questa arte anch’io dal 98-99, mi sono sempre trovato benissimo ad esclamare “e se ci prende la tormenta meglio. È più figo!” coi miei amici, i pochi rimasti ci chiediamo sempre “e domani dove ci andiamo a mette nei guai?”
Citazione dotta ( da Leslie Stephen, il terreno di gioco dell’Europa,p 201)
“Per tutta la vita ho avuto un’inguaribile passione per le scorciatoie.
Come dicono i moralisti, le scorciatoie nell’apprendimento portano a una generale ignoranza; quelle per raggiungere la ricchezza portano al penitenziario di Pentonville;
le scorciatoie in montagna conducono a un destino altrettanto spiacevole,cioè al più vicino cimitero”.
Pratico da sempre ,involontariamente almeno credo, i gradi inferiori della disciplina, fatto attestato dal poterne raccontare,ma non riesco a considerarla una patologia…..
Sono un praticante professionista di ravanage nel senso che cerco di farlo guadagnandomi da vivere. Lo sono da quando ero bambino e ho cercato di farlo diventare un lavoro. Ma farsi pagare a ravanare non e poi così semplice …
Leggendo questo articolo mi sono fatto 4 belle risate!! Tutto vero!
Come per altre cose della vita, sono i ricordi di questo tipo di avventure che teniamo poi come i più cari. Pur avendo superato i 60 ed essermi munito da tempo di un gps continuo di tanto in tanto a ravanare volontariamente.
Aiuta a tenersi giovani.
Ebbene si, anch’io ho ravanato nelle mie escursioni e tutte le volte mi sono stramaledetta per la fatica doppia procuratami.
Carino.
Voi (anche gli altri che hanno commentato) siete molto esperti e avventurieri senza freni.
Io in confronto sono un pivello.
Ma nel mio piccolo anch’io mi sono trovato in situazioni del cavolo….. quasi sempre da solo, perchè la mia compàgna non ama gli imprevisti e quindi ,quelle pochissime volte in cui sono solo, io ne approfitto per fare qualcosa in più che con lei non potrei fare…e….. oplà: “ma chi me l’ha fatto fare?“.
Però devo dire che io non le trovo così divertenti: son cose che fanno cacare sotto e il pensiero di poterci ricapitare mi fa venire un po’ angoscia….
Ciao Agh,
Ti segnalo un post su hikr.org dove mi sono permesso di codificare i gradi del ravanage ricalcando la scala alpinistica (F/PD/AD…)
http://www.hikr.org/tour/post120259.html
Più che ravanage lo chiamo desvio, mi piace lo faccio spesso e mi diverto molto anche in macchina,basta avere gli amici giusti
L’ho praticato anch’io il ravanage escursionistico o arrampicatorio. 😎 Adesso però sono diventato un uomo saggio e responsabile… O semplicemente sono diventato più vecchio e cagasotto. 😤
non cerco scorciatoie (aumentano il dissesto), ma spesso i sentieri che mi consentono giri ad anello interessanti non ci sono sulla kompass (che cesso di cartine!). Quindi sì allo studio delle vecchie IGM, e ispezione sul terreno. Rivendico la creatività del ravanaggio: è un’arte. Nuova categoria RC = Ravanage Consapevole? Rin Coglionito? Resta a Casa (che è meglio…)?
esempi in Prealpi Bresciane:
1- Corna Blacca parete sud
2- Lago di Valvestino sponda ovest – Monte Vesta – discesa cresta delle Rucche
3 – Corni di Regoia (senza uscita)
… e tante altre (dis)avventure
Grande ragazzi questi articolo e i relativi commenti mi sono piaciuti un casino ! Sono la prima a scegliere le scorciatoie e a finire nei guai ma d’ora in poi non mi pentirò più, so che sto seguendo un’arte antica, anzi una filosofia di vita. Purtroppo il mio ex marito non capiva, pensava che fossi semplicemente e stolidamente una presuntuosa che non seguiva i percorsi tradizionali! Vabbè, è andata così!
Quando vado in montagna da sola, e accade spesso , ricasco sempre nel ravanage, facendomi un mazzo enorme ma quando arrivo al sentiero sono sempre soddisfatta di averlo fatto .
Massima di filosofo greco anonimo : ” E’ bello perdersi per poi ritrovarsi”
Bella l’avventura per poi chiamare,quando si sta in mezzo alla merda, quella vera, papà Soccorso Alpino per farsi recuperare. Giocate pulito allora, lasciate detto che non volete soccorsi prima di cacciarvi in mezzo ai guai volutamente. Voi sarete più soddisfatti e la società risparmia i soldi ed i rischi del soccorso.
pensavo di averlo inventato io!!😂
Ravanare è aver voglua di avventura! La sicurezza è così noiosa….
Ho sperimentato con successo il Ravanage motociclistico. Prendendo strade ormai in disuso o addirittura chiuse al traffico o seguendo il navigatore avendo dimenticato di fleggare “evitare le strade sterrate “. Tanta avventura ma sempre in compagnia e quei ricordi sono sempre i più belli